Nella frazione di Legnago confluisce tutto il secco non riciclabile. Il costo supera i dieci milioni. Cozzolotto: «Da gennaio cassonetti controllati e porta a porta per vetro, umido e secco»
l camion verde-Amia, modello sorpassato, rigorosamente diesel, unico conducente, esce da Basso Acquar sul far del mezzogiorno portando in pancia il suo carico da (quasi) duemila euro. Tanto pesano quei rifiuti sulle tasche dei veronesi: 145 euro a tonnellata, puliti puliti, è infatti il prezzo dello smaltimento dell’immondizia che non si può riciclare. Il cosiddetto secco.
È come se dentro quel camion, anziché materiali di scarto, ci fosse un carico di cipolle della Puglia. Ogni giorno, da Verona, partono in media undici camion come quello (Natale, Pasqua e festivi compresi) carichi di cipolle, pardon di rifiuti.
I luoghi delle discariche
Il mezzo romba, sobbalza, accelera e sparisce alla vista. Ricomparirà a viaggio concluso a Torretta, frazione di Legnago racchiusa tra la trattoria Casa de tuti e il Tintero boat Restaurant, una fetta di Bassa con i piedi a mollo nel Bussè e lo sguardo affacciato sul Polesine.
È là che sorge la Prescelta, la madre di tutte le discariche: quella che la Regione ha individuato come meta dell’ultimo viaggio dei rifiuti non riciclabili prodotti nel comune scaligero.
«Ogni anno il Comune capoluogo produce 120mila tonnellate di rifiuti», spiega Ennio Cozzolotto, direttore generale dell’Amia, facente funzioni. «Nel 2022 sono state 126mila 204, di cui 67.633 avviate al recupero (frutto della raccolta differenziata, ndr) e 58.571 di secco non riciclato».
Tanti? Parecchi: «Basti pensare che siamo la città che produce più rifiuti in Veneto, dopo Venezia». Un record di cui si potrebbe anche fare a meno visto che, solo per i «secchi», costringe l’azienda a sborsare per conto dei veronesi qualcosa come 8 milioni e mezzo. E buon per tutti che Ca’ del Bue fa almeno il minimo indispensabile. E separa il secco secco dall’umido finito per sbaglio o per dolo nel secco.
«Con questo si produce il combustibile solido secondario», spiega Cozzolotto, il Css altrimenti detto, «che può essere utilizzato insieme al carbone fossile in alcune aziende, come i cementifici». E gli altri rifiuti?
Ce n’è un po’ per tutti. La carta e il cartone vanno alla Transeco, un’azienda di Zevio specializzata nel trattamento di materiali da riciclare. E poi partono per le cartiere. Ma su di loro l’Amia non ha potere discrezionale. Fa esclusivamente da trasportatore, visto che è il Conai (Consorzio nazionale imballaggi), una realtà che raggruppa migliaia di imprese del settore, a stabilirne la sorte. Il vetro va sempre verso est, ma nel Vicentino, fino a varcare i cancelli della Ecoglass di Lonigo, altra azienda specializzata.
Plastica e lattina sono in mano al Corepla, il Consorzio per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, mentre gli sfalci e scarti vegetali diventano compost in quel di Tarmassia, con le cure dell’Agrinord. L’umido diventa, invece, biogas nella bergamasca, a Montello, nella sede dell’azienda che porta il nome del paese, mentre la plastica rigida (quella che non costituisce imballaggi) va, per decisione del Conai, alla Transeco.
Restano ancora i rifiuti ingombranti che, dopo essere lavorati per renderli meno ingombranti, vengono tritati e portati a Torretta. Dulcis in fundo (si fa per dire) i frigoriferi passano a miglior vita alla Stena di Angiari, mentre le terre di spazzamento vengono recuperate e smaltite dal Gruppoesposito di Lallio, ameno comune di natali romani della bergamasca.
Non c’è tempo
Cosa resta? «Poco o nulla», spiega Cozzolotto. «Alcuni tipi di rifiuti particolari per cui facciamo apposite gare di appalto». Totale, appunto, 126.204 tonnellate di residuati di civiltà. Una montagna. Che costa pure.
Cozzolotto sta all’Amia come Po alla Pianura Padana e sa che, se si vogliono ridurre costi e rifiuti, bisogna far presto. Verona è già in ritardo. Senza rivangare passati più o meno fausti, l’obiettivo del 65 per cento di riciclo non è stato raggiunto, mentre la transizione ecologica bussa così forte che è ormai impossibile non ascoltarla.
Il traguardo: 75 per cento di riciclo in quattro anni
Così l’Amia ha deciso che quando il gioco si fa duro… bisogna alzare l’asticella. Non già 65, ma 75 per cento. In quattro anni. «Un traguardo ambizioso, ma possibile», spiega Cozzolotto. «Brescia l’ha già raggiunto, per esempio. A Verona il peso maggiore è dato dal secco. E non è solo una questione di ambiente, visto che si tratta dei rifiuti più difficili da smaltire. È anche una questione di costi.
«Pecunia non olet», recitavano i nostri padri, «Il denaro non ha odore», letteralmente. Mai aforisma fu più azzeccato.
Nuove strategie
E quindi l’Amia, messo da parte il fioretto, ha impugnato la durlindana. «La strategia è il porta a porta unita al cassonetto ad accesso controllato. Sarà predisposta in tutta la città, ad eccezione del centro», spiega Cozzolotto. Che vuol dire? «Vetro, secco e umido verranno raccolti con il porta a porta, il resto con cassonetti che si aprono solo con una chiave, come la carta di identità», sulla falsa riga di quanto accade in certi quartieri, come San Michele. «Contiamo di concludere l’appalto a ottobre per iniziare nel 2024», spiega Cozzolotto. «Serviranno tre o quattro anni». E servirà la collaborazione dei cittadini.
«Il nostro obiettivo è di non aumentare la tassa sui rifiuti, anche se la nuova strategia avrà un costo di gestione più alto». Perché ci saranno da comprare i cassonetti «intelligenti», bisognerà adeguare i mezzi, impiegare altro personale. E anche formarlo. Non senza difficoltà.
Anche il Pnrr ha messo il bastone fra i cassonetti: «Abbiamo partecipato per ottenere un milione da destinare al nuovo sistema di raccolta, ma questo ha comportato una serie di pratiche che hanno inevitabilmente causato qualche rallentamento».
Questione di costi
Ora è tutto superato. O quasi. Ma come si fa a mantenere la Tari invariata se aumentano i costi? Facile. Aumentando i ricavi. «L’obiettivo primario è ridurre il rifiuto secco», quello che va a Torretta per capirsi. «Con un tetto di ventimila quintali, si passerebbe da una spesa di otto milioni e mezzo a una di tre». Con un risparmio di cinque milioni. Mica male.
La campagna di informazione
Cozzolotto non nasconde le insidie della rivoluzione. «Come tutte le novità potrebbe non accontentare tutti. Per questo partiremo con un’imponente campagna informativa a partire da gennaio». Quanto imponente? «Tanto». Perché, alla fine, ben vengano la transizione ecologica, il riciclo, la sostenibilità, i biocombustibili, Greta e tutti i difensori del pianeta. Ma anche togliere quattro soldi dai rifiuti e metterli in qualcos’altro, magari green, non è poi così male. Intanto, il camion verde-Amia è arrivato a Torretta, ha scaricato il «prezioso» carico e ha ripreso la via di casa. Il ciclo del mancato riciclo ricomincia. Sognando la resurrezione di Ca’ del Bue. Ma, forse, questo, è davvero troppo.
Roberto Vacchini (L’Arena)